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Precario mondo

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Messaggio Da Dario De Vita (iRad) Lun Apr 11, 2011 12:50 am

Un articolo scritto da Ascanio Celestini, a mio avviso splendido nella sua semplice conclusione. Buona lettura:
Un operatore di call center mi dice che qualche anno fa viveva al centro di Roma, divideva l’affitto con un amico e aveva tempo per suonare e andare in tournée. Si considerava un musicista e utilizzava il call center come sponda.
Adesso sta in periferia con tre studenti, lavora full time per sopravvivere, non ha più tempo per suonare e comunque anche la richiesta di concerti è diventata così striminzita che non ci camperebbe. Mi dice «ho quasi cinquant’anni, non ho una famiglia e va a finire che torno a vivere con mia madre». Allora dov’è la precarietà?Non è solo un problema di stage non pagati, di assunzioni a tempo determinato, di lavoro nero e licenziamenti facili. Mille e cinquecento euro al mese basterebbero se una famiglia ne pagasse duecento d’affitto. Basterebbero se una donna e un uomo avessero la certezza di lavorare fino al giorno della pensione. Basterebbero se il figlio di un operaio studiasse in una classe con meno di venti bambini, ricevesse una vera formazione che comprendesse le lingue straniere e la musica, la storia contemporanea e il teatro... Basterebbero se quella famiglia avesse attorno una comunità che la sostiene, un servizio sanitario che la cura quando stamale. E invece l’operaio che pensava di essere assunto a tempo indeterminato vede in televisione un padrone col maglioncino che gli sfila i diritti da sotto i piedi, il sindaco (sedicente di sinistra) che va a giocarci a scopetta e prega il proprio partito di affiancarsi alla battaglia padronale. Porta il figlio in una scuola dove i suoi compagni sono così tanti che la maestra ci mette un mese per imparare i nomi, una scuola che funziona solo per l’impegno degli insegnanti che non hanno ancora mollato, che non sono ancora scoppiati per l’umiliazione continua alla quale sono esposti. Un lavoratore è precario non solo per la precarietà del suo lavoro,ma soprattutto perché sono precari la scuola, la casa, l’assistenza sanitaria, i trasporti, l’informazione, la cultura, il cibo che mangia e l’acqua che beve, l’energia che consuma e i vestiti che indossa.
Invece io dico che lascuola è solo pubblica. Dico che la scuola privata è una questione privata, un’azienda che deve prendere due lire solo in quel paesino di montagna dove non è ancora stata costruita quella statale. Dico che accettare oggi una riduzione dei diritti in fabbrica significa che domani quei diritti si ridurranno ancora di più. Dico che se un lavoratore accetta di lavorar eper uno stipendio ridicolo non fa solo una scelta personale, ma sta costringendo tutti gli altri ad essere sottopagati, così come un lavoratore che sciopera e ottiene il riconoscimento di un diritto, lo fa anche per quello che entra. Dico che seicento euro d’affitto per un monolocale seminterrato in periferia (c’era il cartello nella piazza della mia borgata fino a poche settimane fa) è un furto e quando la casa non si trova: la si occupa. Dico che se acquisto un paio di scarpe sottoprezzo sto sfruttando un operaio e se compro a mio figlio un pallone cucito da un bambino dall’altra parte del mondo sono peggio di un pedofilo. Dico che se prendo l’acqua da bere al supermercato e uso quella potabile che esce dal mio rubinetto per lo sciacquone del cesso sono un pazzo pericoloso. Dico che non sono un uomo moderno se accetto la devastazione di una valle per farci passare un treno veloce che impiega un’ora di meno per portarmi in Francia: sono un criminale. Penso a una donna del trentino che va al supermercato a comprare un chilo di mele cilene. Se quelle mele costano meno di quelle coltivate sotto casa sua è evidente che in Cile c’è un contadino sfruttato e uno del trentino che resta disoccupato, un aereo che inquina inutilmente l’oceano e una piccola frutteria che chiude. Il lavoro era precario vent’anni fa. Oggi è la nostra visione del mondo ad essere precaria. Io non cerco voti per le prossime elezioni, né tessere per la prossima campagna di tesseramento. Non ho bisogno di carne da macello per la prossima guerra umanitaria o vittime del destino per il prossimo terremoto. Non scendo in piazza per un lavoro a tempo indeterminato o per qualche centesimo che il ministero della cultura succhia dai serbatoi della benzina. Non voglio mettere all’ordine del giorno del prossimo consiglio dei ministri o del prossimo talkshow, del prossimo monologo teatrale o della prossima canzonetta il solito discorso del giovane sottopagato o disoccupato. Io dico che questo sistema violento mi fa paura e so che per liberarcene dobbiamo pacificamente far paura al sistema.

Ascanio Celestini

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Messaggio Da lorismaestri Lun Apr 11, 2011 8:58 pm

sara' anche splendido ma io non ci ho capito un'acca.
pero' vorrei chiedere una cosa, come mai visto l'enorme cambiamento che descrive dall'inizio rispetto alla fine non si chiede, come mai e' cambiato tutto il suo modo di vivere? oppure di chi e' la colpa di tutto cio'? se c'e' un colpevole o se invece e un naturale cambiamento? perche' cosi sembra che lui subisce tutto quello che accade senza capire alcunche' del perche' accade.

lorismaestri

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Messaggio Da Dario De Vita (iRad) Lun Apr 11, 2011 9:11 pm

Non posso fare le veci dell'autore, ma posso dire quel che penso. Credo che le sue siano solo riflessioni in libertà, una semplice considerazione
Io dico che questo sistema violento mi fa paura e so che per liberarcene dobbiamo pacificamente far paura al sistema.
racchiusa in questa frase.
Conoscendo i suoi articoli ed il personaggio però ti posso dire che non è "all'asciutto" di come funzionano le cose e di cosa è cambiato nel tempo... semplicemente non l'ha scritto in queste considerazioni.

Ovviamente noi siamo NDE e nelle discussioni del programma scendiamo nello specifico delle cose per arrivare ad operare concretamente. Questo articolo resta quello che è, una riflessione senza ambizioni di discussione concreta.
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Messaggio Da Ospite Mar Apr 12, 2011 3:51 pm

Di questi tempi si parla molto di sciopero precario.
Personalmente ho preso parte alle manifestazioni studentesche contro i tagli della legge 133 nel 2008 (anno dell'Onda) e poi nel 2009/2010 contro l'approvazione del DDL Gelmini per riformare a costo zero l'università pubblica. In questi tre anni ho conosciuto realtà differenti, gruppi diversi, associazioni, sindacati, centri sociali, etc. Tutte queste componenti sono andate a confluire nel bene o nel male nel "movimento", ovvero quando c'era da protestare per i diritti negati e i tagli al pubblico c'erano sempre. Basti pensare ad esempio che nella discussa giornata del 14 dicembre scorso a manifestare c'erano anche i promotori del referendum sull'Acqua pubblica, o i cittadini dell'Aquila. Non mi addentro nella discussione della giornata del 14 dicembre, io non ero presente a Roma, tuttavia ho un'amica che c'era, mi ha raccontato come ha vissuto la cosa e mi sono fatto un'idea a riguardo, nel bene e nel male..

Adesso siamo nel 2011: si parla di UNITI CONTRO LA CRISI ormai da mesi, un'etichetta che unisca tutti i movimenti di opposizione al governo. Dentro ci sono le realtà piu' diverse: fiom, sindacati degli studenti, centri sociali, movimento acqua pubblica, etc..

In questi anni ho sempre seguito con interesse critico le attività delle varie componenti: con alcune mi trovo piu' a mio agio, con altre invece non posso condividere certe pratiche che mettono in atto.. In generale, sussiste da parte mia la diffidenza verso alcuni di questi gruppi, ma una cosa è certa.. Abbiamo bisogno di ricomposizione sociale, di renderci conto come Paese, come insieme dei cittadini, che dobbiamo stare uniti per affrontare i problemi.

Purtroppo però ho notato una cosa: i movimenti (giustamente) non si fidano dei partiti, e credono di poter cambiare le cose dal basso. Io sono d'accordo con questo principio, tuttavia in un paese come il nostro, di ordinamento repubblica democratica, sovvertire il sistema attuale dal basso è impossibile a meno che non si pratichino atteggiamenti violenti e autoritari (es. colpo di stato, attacchi al parlamento, etc.).

Secondo me è poco reale parlare di lotta nel modo in cui alcuni di loro ne parlano, nel senso che la "lotta" aveva senso durante la resistenza, coi partigiani. Adesso come adesso, per fortuna, abbiamo degli strumenti di potere, delle istituzioni democratiche. Purtroppo queste istituzioni sono state cambiate e vengono modificate il piu' possibile per togliere potere agli elettori e conferirne agli eletti, di modo che esse vengano svuotate della democraticità e diventino strumenti di controllo. Tuttavia la via istituzionale rimane, è da tentare, ed è questo che vedo in NDE: la risposta democratica dal basso all'esigenza di cambiamento.

In sintesi, credo che dovremmo renderci conto dell'importanza dei movimenti di precari (lo siamo un po' tutti, me compreso) e cercare di proporre loro una risposta politica anche attraverso il partito NDE; ma questo non si può fare se NDE non è disposto a dialogare con i movimenti, che sono l'espressione piu' forte dell'opposizione politica verso il governo che parte dal basso.

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