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FEDERALISMO SINDACALE

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Messaggio Da Ospite Ven Mag 13, 2011 1:21 pm

Converrete con me che la parola Fedralismo è un contenuto vuoto e che occorre riempirlo di idee per determinarne il successo. La modifica dell'art.114 della nostra Costituzione ha spostato progressivamente negli ultimi vent'anni il potere legislativo dal Parlamento nazionale ai Consigli regionali stabilendo il principio per il quale se un argomento non è specificamente assegnato alla legislazione parlamentare, per definizione e senza altro aggiungere afferisce alla legislazione regionale. Prove tecniche di Federalismo. Seguirà l'autonomia impositiva delle Regioni o Federalismo fiscale (quello che apparentemente pare più interessare alla politica settentrionale: questione di soldi). Nel quadro del decentramento amministrativo si inserisce anche la auspicabile cancellazione dell'istituto delle Province, duplicato e fonte di sperpero nonchè di posti politici a ufo della comunità. Se di Federalismo si tratta perchè non parlare delle relazioni sindacali. Le associazioni sindacali più rappresentative registrate dallo Stato stipulano contratti con valore erga omnes per gli appartenenti. Questo dice il Costituente e tuttavia non si è mai arrivati alla registrazione delle associazioni sindacali nel nostro ordinamento. Si tratta di una norma corporativista di provenienza del ventennato fascista sulla quale si basano i CCNL contratti collettivi nazionali di lavoro. Oggi le delegazioni sindacali nazionali siglano con la controparte industriale contratti di lavoro che vengono applicati senza differenze sull'intero territorio nazionale. Stante che i livelli retributivi integrati dai CCNL vengono fissati agli standard più alti del mercato nazionale, una azienda di area economicamente depressa del Sud-Italia se vuole assumere un lavoratore è costretta a pagarlo quanto lo pagherebbe una azienda del triangolo industriale o del Nord-est del Paese. Come è ovvio dato il livello salariale fissato nazionalmente dai CCNL e dato i livelli di tassazione del lavoro vigenti nel nostro Paese (i più alti fra le nazioni industrializzate del mondo) una azienda meridionale non essendo in grado di sostenerne i costi si trova nella impossibilità di assumere. Questo genera il lavoro nero e gran parte dell'economia sommersa del mezzogiorno d'Italia. Posti di lavoro senza coperture assicurative nè previdenziali, senza contributi per la pensione. Come è evidente il costo della vita a Crotone è circa il 50% più basso del costo della vita a Brescia o a Mantova. Questo significa che a fronte di un livello salariale pari a 1000 nelle regioni più industrializzate il lavoratore meridionale sarebbe disposto ad accettare uno stipendio di 500 pur di lavorare nella sua regione. L'azienda meridionale è altresi in grado di pagare 500 per quella stessa mansione e non 1000.
Il concetto economico di gabbie salariali da sempre osteggiato dai sindacati nazionali prevede per l'appunto che i livelli retributivi siano lasciati alla contrattazione locale (in base al diverso costo della vita) e sottratti alla concertazione nazionale. E'un concetto che non svuota di significato il sindacato il quale svolge localmente il ruolo di tutelare i lavoratori (che nelle aree depresse accetterebbero salari da fame pur di avere un posto di lavoro) ottenendo per loro una retribuzione equa in relazione al costo della vita locale. Le gabbie salarali che rappresentano il criterio di efficenza nella retribuzione delle risorse secondo il criterio del costo marginale sono sempre state rifiutate dai sindacati, i quali perderebbero il loro potere di imposizione nazionale della concertazione. E'tuttavia innegabile che questa prospettata è l'unica soluzione per consentire alle aziende meridionali di assumere e per portare ad emersione tutto il nero del sommerso dell'economia del Sud Italia. Possiamo sperare che con il Federalismo questo strumento economicamente insostituibile si realizzi nel passaggio dai CCNL ai CCRL contratti collettivi regionali di lavoro? Insieme all'autonomia fiscale (chiesta dal Nord) arriverà anche l'autonomia delle relazioni sindacali (indispensabile per il Sud)? Attendo la risposta su questo Topic da parte dei responsabili della politica economica di NDE.

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Messaggio Da Dario De Vita (iRad) Ven Mag 13, 2011 1:44 pm

Salve Leonardo, premetto che non sono avvezzo al campo dell'economia e dei sindacati, ma ci tengo a sottolineare alcuni concetti importanti a monte di questa discussione.
In primis non esiste ancora in NDE un team specializzato nel campo economico che lavori specificatamente su questi punti: più in generale, la redazione del programma nei vari punti viene conseguita attreverso il lavoro di tutti i soci che sono interessati all'argomento. Significa che al momento non ti risponderà nessuno che rappresenta la voce "di politica finanziaria" di NDE, bensì pareri non concertati dei singoli utenti. Cito dal sito:
Nuova Democrazia Europea ha creato una base su cui costruire, con la gente comune, “il programma” attraverso la rete il “forum” dove tutti potranno esprimere la propria opinione, dire la loro e lavorare insieme sul programma che sarà presentato alle prossime elezioni politiche ed europee.
L'unico riferimento in campo economico per adesso lo puoi ritrovare sul sito sotto la voce programma : lavoro ed impresa link che ancora non risponde alle problematiche da te sollevate. C'è anche da rispettare le linee guida di fondo presenti nel manifesto, che si da per scontato siano condivise da tutti gli iscritti.
Altre questioni sollevate in campo economico e lavorativo sono abbozzate/proposte/discusse in questa sezione del forum.

In secondo luogo diventa più semplice per la discussione riuscire, dopo la dovuta introduzione, a suddividere per punti le proposte in modo da poterle discutere puntualmente. Se vorrai potrai riordinarle in questo modo per avviare la prima discussione sul ruolo dei sindacati in Italia e su come potremmo decidere di procedere.

Aggiungo quindi le mie considerazione personali sulle tue proposte.
E' indubbio che ci siano forti differenze tra nord e sud nel nostro paese, ma personalmente non credo che un federalismo in questo senso possa aiutare a far sentire tutti gli italiani appartenenti ad un unico paese. Questo potrebbe tradursi in un ufficializzazione della discriminazione salariale, per cui saranno ambiti (come succede oggi) ancor di più i posti di lavoro nel settentrione andando a danneggiare la credibilità economica delle aree meridionali.
Mi rendo comunque conto che questa presa di posizione non aiuterebbe a risolvere lo status quo, che di fatto sussiste né la migiora le condizioni dei lavoratori meridionali. Mi chiedo però se ci sia un altra possibilità di soluzione che non preveda l'accentuarsi delle differenze tra nord e sud...
a te la parola Smile
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Messaggio Da Ospite Ven Mag 13, 2011 3:06 pm

Dario, non si tratta di accentuare la differenza fra Nord e Sud, si tratta di prendere atto che questa differenza esiste. Il costo della vita è diverso nelle diverse Regioni italiane è evidente che i salari debbono assecondare questa differenza. Non si può pretendere che un azienda meridionale paghi un saldatore quanto lo paga una azienda di Milano o di Torino. Si tratta di mettere in condizione gli imprenditori di assumere pagando salari adeguati al territorio in cui vivono. Un lavoratore del Sud Italia non ha bisogno di uno stipendio così elevato, ha bisogno che le proprie pretese siano tutelate per condizioni lavorative e per il diritto ad un posto di lavoro. Questa esigenza secondo me (e secondo la teoria prevalente del libero mercato) deve prevalere sulla omogeneità di trattamento: la teoria ugualitaria contro la soluzione pratica e pragmatica del problema. Secondo me deve prevalere quest'ultima, ma è solo il mio punto di vista.

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Messaggio Da Dario De Vita (iRad) Ven Mag 13, 2011 3:22 pm

concordo con la linea pragmatica, non si vive di chiacchiere. Proviamo a scendere un po' più nel dettaglio per vedere che tipo di problemi sul breve e lungo periodo possono insorgere e come affrontarli. Se le argomentazioni saranno consistenti e convincenti il dibattito le preferirà. Quindi, in sintesi, come proporresti di operare? E vantaggi e problematiche accessorie ipotizzi possano esserci?
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Messaggio Da Marcello.DeVita Ven Mag 13, 2011 3:29 pm

Quoto questa parte

"Si tratta di mettere in condizione gli imprenditori di assumere pagando salari adeguati al territorio in cui vivono." (Che non significa solo Sud)

Ma non questa "Un lavoratore del Sud Italia non ha bisogno di uno stipendio così elevato"

Il bisogno di una persona cambia da soggetto a soggetto il territorio può influire (prendo meno ma lavoro sotto casa o quasi) ma non sempre in modo così incisivo.

Un ricercatore, una persona specializzata o cmq qualsiasi dipendente molte volte vuole mettere a frutto le sue qualità ed esperienze ma solo se gli viene corrisposto un salario adeguato dirgli tu lavori al Sud non hai bisogno di uno stipendio così elevato credo che non sia una risposta molto professionale (questa persona può essere anche uno del Nord che lavora in una zona non sviluppata).

Deve lo Stato stimolare la crescita delle imprese con meno tassazione e burocrazia anche per la parte della retribuzione.

Di fatto lo stipendio oggi nel Sud è già (molto) inferiore a quello del Nord ciò non ha fatto stimolato le imprese a investire nel Sud Italia perchè uno stipendio inferiore a quello di un Serbo, di un Polacco o di un cinese significherebbe stipendi da fame. Le aziende che vogliono solo dare stipendi da "cinese" credo che siano un problema e non una risorsa per il paese vedi FIAT.

Bisogna puntare sulle nuove imprese piccole e medie ma oggi la burocrazia e la tassazione le fanno sparire sul nascere.
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Messaggio Da Ospite Ven Mag 13, 2011 3:45 pm

Portare la concertazione fra le parti sociali: datori di lavoro-sindacati dalla base dei Contratti Nazionali ai Contratti Regionali. Secondo la mia impostazione i Sindacati sono forze sociali conservative perchè tutelano gli iscritti e costituiscono un ostacolo all'ingresso dei giovani sul mercato del lavoro (essendo disoccupati non sono iscritti al sindacato). I RAMI SECCHI VANNO POTATI SENNO'SI INFETTA TUTTO L'ALBERO. Se c'è una azienda bollita che procura solo perdite in un settore "maturo" (per esempio acciaierie-siderurgia) i sindacati si batteranno per evitare che l'azienda venga chiusa e migliaia di lavoratori espulsi dal mercato del lavoro. Si tratta però di lavoratori anziani sottoqualificati in un settore che andrebbe finanziato a fondo perduto indeterminatamente. L'alternativa è chiudere questa azienda ed aprirne una nuova nella stessa area geografica di nuove tecnologie dando lavoro ad altrettanti giovani qualificati. Questo investimento, a parità di importo essendo in un settore che tira, produce nuovo reddito e quindi nuova occupazione. Se si continuano a buttare fondi in un pozzo per mantenere in vita l'esistente anzichè investire sui giovani, progressivamente il sistema Paese invecchia, diventa poco innovativo e non è più in grado di reggere l'impatto con le aziende di Nazioni più dinamiche e meno sindacalizzate. NON SI TRATTA DI UNO SCONTRO IDEOLOGICO CON I SINDACATI, è evidente che ci sono Nazioni del mondo che hanno un fortissimo bisogno di sindacato, si pensi al Venezuela: una nazione ricchissima di materie prime pregiate in cui le multinazionali estrattive e di trasformazione lucrano enormi profitti pagando salari di pochi dollari al mese grazie a Governi e sindacati mortalmente deboli e corrotti. Secondo me a partire dal 1970 (anno della legge Giugni n°30: Statuto dei Lavoratori) l'Italia si è progressivamente iper-sindacalizzata tanto che le imprese sono ormai ingessate da norme e rivendicazioni che ne frenano lo sviluppo. DA TROPPI ANNI MANCA IN ITALIA UN PRESIDENTE DEL CONSIGLIO CHE ABBIA IL CORAGGIO DI SFIDARE LA PIAZZA E GLI SCIOPERI NAZIONALI PER ATTUARE QUELLE RIFORME DEL SISTEMA ECONOMICO CHE SONO NECESSARIE A RIDARE SLANCIO AL SISTEMA ITALIA. Troppi politici asserviti al potere sindacale e alle politiche assistenziali anzichè agli investimenti hanno minato la reattività ed il tessuto economico del nostro Paese.

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Messaggio Da Caesar94 Gio Ott 20, 2011 2:39 pm

Caratteristica dell'Italia è il suo essere iper-garantista nei confronti di tantissime categorie , ciò dovrebbe essere una cosa positiva , basiliare per i diritti dei cittadini , ma amplificato all'inverosimile ha bloccato il Paese , impedendo ai governi di affrontare al meglio le enormi trasformazioni degli ultimi tempi . Penso che ci siano alcune imega strutture burocratiche che ormai dovrebbero essere totalmente superate quali gli albi professionali , le licenze e autorizzazioni per aprire un esercizio commerciale, e anche alcune norme a tutela dei lavoratori che sono diventate troppo restrittive e che impediscono agli imprenditori di poter assumere ufficialmente una persona soffocando troppo il libero mercato ... il quale a mio parere va comunque guidato per garantire a tutti le stelle possibilità e i diritti fondamentali .
Per le "gabbie salariali" , trovo sbagliata o quantomeno anacronistica l'idea di uno stipendio minimo , al giorno d'oggi gran parte dei lavori sono precari e pagati molto meno di quanto esigerebbe la legge, ma le cause sono da ricercare nella società , non nel singolo imprenditore... per questo lo Stato dovrebbe essere più elastico
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