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Pensieri in libertà: l'Europa, gli stati nazionali e le comunità locali.

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Messaggio Da Ospite Mar Apr 05, 2011 10:44 am

http://leffemeride.blogspot.com/2011/04/pensieri-in-liberta-leuropa-gli-stati.html

di Umberto Banchieri

In questi momenti di crisi si fa un gran parlare di ruolo di quel o questo stato nazione, perdendo un po' di vista le 'costruzione' sovranazionali, se poi parliamo dell'Italia, ove l'UE viene ricordata sempre quando ce ne è bisogno, solitamente per avere dei soldi e aiuto, e mai quando dovremmo fare la nostra parte, solitamente per impegnarci a fare questa o quella politica o rispettare e seguire delle linee generali decise in sede UE, la cosa diventa ancora più accentuata.

L'UE infatti non è scesa in prima linea contro la Libia, ma dal punto di vista diplomatico i passi da gigante ad esempio sono tangibili: si pensi alle sanzioni decise, pura fantapolitica fino ad uno o due decenni fa; certo forse se si fosse fatta la CED (Comunità Europea di Difesa) nei lontani anni '50 forse oggi sarebbe un'altra storia con una UE che avrebbe anche peso militare e quindi con un peso maggiore anche in politica internazionale nelle situazioni di crisi come quella libica, ma la Storia non si fa con i se e forse... anche se si possono tirare fuori dei bei romani ucronici.

Il processo di integrazione europea comporterà comporta e ha già comportato per forze di cose una perdita di importanza degli stati nazione fosse anche per un semplice motivo: la politica internazionale e l'uso della forza interna ed esterna non saranno più di esclusiva competenza nazionale, ma saranno devoluti e controllati col tempo sempre più dall'UE (salvo rivoluzioni politiche inaspettate in Europa nei prossimi 5/10 anni). Come si è visto in parte è già così.

A ciò si aggiunga il fenomeno della globalizzazione che comporta una perdita di potere e di capacità di controllo da parte delle singole nazioni, ma di contro aumentano il potere delle piccole comunità locali e di altri attori 'non classici' come ONG, multinazionali, associazioni internazionali a vario scopo in un'ottica che vede interazioni non più di tipo internazionale, internazionali inteso tra nazioni, ma di tipo globale (o glocale come dicono molti) che vede le interazioni principali tra i singoli attori indiferrentemente dalla nazione a cui fanno parte.

In questo contesto non si può dimenticare ad esempio l'importanza che hanno raggiunto nelle relazioni internazionali e nella cooperazione le grandi città (anche italiane) che dispongono di un proprio settore diplomatico e che intrattengono rapporti (economici, culturali, ecc...) con altre città loro pari nel resto del mondo.

Ciò non vuol dire che le nazioni non conteranno più nulla nel futuro, più semplicemente rimarranno attori sì importanti e sotto molti aspetti indispensabili per garantire un tramite tra l'Europa Unita e le comunità locali ed evitare quindi che l'UE si disgreghi sotto le pressioni e le richieste particolari di decine di migliaia di comunità locali, ma non gli unici... è così che per esempio già oggi ci si può trovare con grandi, ma sempre più spesso anche piccole, città che intrattengono rapporti che non collimano con la politica estera adottata dalla nazione di cui fanno parte, specialmente per quel che riguarda il settore della cooperazione internazionale e nella capacità di dare visibilità a questa o quella questione.

In questo contesto in cui gli stati nazioni non saranno più gli attori principali, quantunque importanti, soppiantati in questo ruolo dai grandi blocchi multinazionali e vertici internazionali multilaterali (è così che già oggi la voce dell'Unione Africana o della Lega Araba ottiene più credito e legittimità nel mondo di quella dei singoli stati, spesso soggetti a sommovimenti interni o da politiche estere altalenanti secondo il momento), si apre quindi la possibilità per le comunità locali di riacquistare estrema importanza in quanto portatrici di interessi unitari ed immediati.

D'altro canto non si può scordare, come dimostrato dalle costruzioni delle grandi opere, che l'unico modo di farle accettare dalle comunità locali è coinvolgerle nel processo decisionale e di controllo (per esempio come è avvenuto in Francia con l'alta velocità) piuttosto che far calare dall'alto decisioni, che per quanto necessarie allo sviluppo nel complesso del sistema, a livello locale se non ben studiate dal punto di vista dell'impatto e delle ricadute sul territorio possono comportare gravi scontri con le stesse comunità, scontri e frizioni che possono arrivare a portare al blocco dell'opera: si ricordi il caso della TAV in val di Susa dove, al contrario dei vicini francesi, le comunità locali inizialmente non furono assolutamente coinvolte nello studio e nel controllo del progetto generando in seguito gravi frizioni che portarono al blocco dei lavori.

Lo stesso dicasi delle grandi questioni internazionali dove come già accennato ONG, multinazionali, movimenti acquisiscono capacità di prim'ordine nella definizione e sviluppo di politiche nuove: oramai si tende anche ad istituzionalizzare, seppur solo a livello consultivo solitamente, questi interessi ad esempio in sede ONU e UE, anche se siamo ancora agli albori di questa pratica di cui tra l'altro è bene ricordare che l'allora CECA, progenitrice della CEE e quindi dell'UE, fu la prima in assoluta a metterla in atto con l'istituzione di un comitato consultivo rappresentanti degli interessi del settore estrattivo in questione (impresari, dipendenti, consumatori e venditori).

In questa ottica quindi è necessario sviluppare un'ottica alto/basso che tenga conto dei nuovi o vecchi attori che sono o saranno realmente importanti nel processo decisionale.

Guardando alla situazione italiana viene da chiedersi se in effetti l'Italia sia pronta ad affrontare le sfide politico, sociali, culturali e organizzative che il processo di integrazione europeo ci porta e continuerà a portare ad affrontare.

Senz'altro i dubbi ora come ora sono alti, basta guardare il caso già citato della TAV dove i tentennamenti italiani e l'incapacità di trovare accordi con le comunità locali hanno rischiato di far saltare completamente il progetto, progetto che era stato sviluppato appunto in un'ottica di sviluppo strategico europeo (i famosi corridoi ferroviari che devono collegare da un capo all'altro il continente) in cui si erano tenute conto di esigenze europee ed in questo caso specificatamente anche di esigenze macro-regionali quali quelle della sponda nord del Mediterraneo.

Cambiare l'Italia, proprio per preparla e consentirle di affrontare le sfide che si prospettano diventa quindi necessario e imperativo; ripensare il sistema produttivo, rivedere il sistema amministrativo, rigenerare la politica: tutte necessità che non sono mai state affrontate seriamente negli ultimi decenni nel nostro Stato.

Se ciò non avverrà e l'Italia arriverà impreparata a quelle sfide ciò non solo sarà un danno per noi italiani, ma per l'intera Europa. E nessuno vuole il proprio male se sano di mente...

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Messaggio Da Gennaro.Costantino Dom Apr 10, 2011 6:52 pm

E'una questione molto complessa e va guardata sotto molti punti di vista.
E' indubbio che avere una Comunità Europea unita e compatta influisca molto sulla sua credibilità, che si traduce nel peso che ha riguardo alle decisioni internazionali.
Sotto questo punto di vista, finora la CE non ha fatto una gran bella figura, basti vedere quanti stati membri l'hanno bypassata in occasione degli eventi di questi giorni in Libia.
In tutto questo l'Italia ha fatto la figura della formica fra gli elefanti, in quanto ha offerto supporto militare e logistico ma, alla richiesta di una collaborazione per la questione migranti ha ricevuto un sostanziale: "Sono problemi vostri".
A questo punto mi sono chiesto quanto realmente serva la permanenza dell'Italia in una CE come attualmente impostata, che è sempre pronta ad imporre stramberie ai paesi membri come il limite sulle misure degli ortaggi o l'opportunità di cuocere le pizze nel forno a legna (questione di qualche anno fa), magari con commissioni di cui fanno parte membri di paesi che su tali questioni non ne capiscono una cicca.
Però poi, in occasione di fare scelte su questioni più serie come quella che ho su descritto, ogni paese si sente libero di lavarsene le mani e agire solo in funzione del proprio tornaconto, spesso e volentieri, come in questo caso, sopratutto per ragioni economiche.
So che magari con questo post mi attirerò le occhiataccie di molti visto che apparteniamo ad un partito che si chiama Nuova Democrazia Europea, ma vi assicuro che la mia è più che altro una provocazione.
Se non credessi realmente nelle potenzialità dell'Europa, a questo partito non mi sarei nemmeno iscritto.
Però occorre che queste cose cambino.
Ci sono anche ambiti in cui la CE fa cose importantissime, come ad esempio i finanziamenti agli enti locali che consentono alle imprese di lavorare e alle economie di crescere, anche se questi spesso vengono sfruttati in modo improprio o insufficiente. Ma questo è un discorso che va affrontato a parte.
Cosa occorre?
Occorre che l'Europa non si intrometta più di tanto in scelte che ragionevolmente competono a livello nazionale o addirittura regionale o locale.
Occorre che in occasione di eventi come quello libico tutti agiscano con unità di intenti, ovviamente con risolutezza e con forza.
Occorre che gli stati membri non si ringhino contro per ogni piccolo dissapore facendo minacce a destra e a manca, in questo modo si fa solo la figura dei polli e si ostenta debolezza.
Occorrono regole ben chiare su quali siano gli ambiti in cui la CE deve intervenire e quali no.
Occorre ovviamente che tutti gli stati membri ripettino senza riserve queste regole, pena grandi penalizzazioni o in alcuni casi addirittura l'espulsione dalla stessa CE.

Gennaro.Costantino

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Messaggio Da Ospite Lun Apr 11, 2011 8:26 am

Gennaro.Costantino ha scritto:
In tutto questo l'Italia ha fatto la figura della formica fra gli elefanti, in quanto ha offerto supporto militare e logistico

In realtà anche su questo ci sarebbe da discutere, può sembrare una formalità, ma gli aerei italiani che sorvolano la Libia pare abbiano l'ordine di non sparare (ed infatti non risulta che abbiano sparato neanche un colpo fin'ora, anche solo contro i radar nemici).
Ovvero è come non mandarli ed essere quindi nella stessa posizione della Germania con la differenza che a parole si è su altre posizioni.
Questo giusto per farci ridere un po' dietro dando sempre l'impressione di avere un'Italia che vuole a tutti i costi avere i piedi in due scarpe... quindi non abbiamo neanche crediti informali da spendere con i paesi che nell'avventura libica si sono lanciati (come la Francia)... per assurdo ha più crediti da spendere una Germania che non partecipa, ma che però invia più mezzi in Afghanistan per alleggerire il compito su quel fronte di americani e francesi.
Inoltre le basi italiane dire che sono sotto utilizzate è poco.. alla fin fine a parte una manciata di F-18 spagnoli e qualcosa dal nord-Europa non si è visto nulla: gli americani usano le loro basi e portaerei, i britannici per lo più decollano dalla GB e da Cipro ed i francesi idem come per gli americani... di fatto l'operazione con o senza italiani proseguirebbe negli stessi modi e termini attuali (forse verrebbero schierati un paio di tanker per il rifornimento in volo, ma nulla di più).... alla fine mi duole dirlo, ma abbiamo fatto una figuraccia che dire che piuttosto noi supportavamo a spada tratta Gheddafi facevamo più bella figura.


ma, alla richiesta di una collaborazione per la questione migranti ha ricevuto un sostanziale: "Sono problemi vostri".

Vero, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: l'Italia stessa fin'ora non ha attivato neanche una delle procedure previste nei trattati (e così passiamo dall'ambito della politica internazionale a quella della politica comunitaria). In Europa le cose non si fanno con la diplomazia, ma con le leggi e le istituzioni in prima battuta (la diplomazia è più informale se vogliamo e comunque si muove all'interno di istituzioni, come potrebbero essere dei partiti che in un parlamento cercano di portare acqua al loro mulino trattando con le altre forze politiche). L'UE infatti non è una organizzazione internazionale come invece può essere l'ONU dove ci si gioca tutto con la diplomazione, ma bensì ci si gioca tutto sulle legge e sulle istituzioni in quanto il rapporto che c'è tra l'UE e lo stato nazionale non è poi dissimile da quello che può esserci in uno stato come la Germania tra Land e governo centrale.

Tra l'altro c'è un ministero apposito per gli affari comunitari in Italia... è ancora vacante da Novembre questo per dire come viene trattata nei fatti la questione da parte nostra. E, notizia che non si trova quasi da nessuna parte, per discutere del processo breve o come vogliamo chiamarlo è stato rimandato il voto in parlamento di una direttiva dell'UE che è proprio inerente alla questione immigrazione (e che quindi rende ancora più difficile trovare qualsiasi soluzione in sede UE non avendola adottata) che è quella sui rimpatri, direttiva che tra l'altro doveva essere adottata già mesi fa (giusto per affossare ancora un po' la nostra già invisibile credibilità)... oltre al menefreghismo qui probabilmente subentrà anche la contrarietà della Lega che vede scardinare buona parte della Bossi Fini con questa direttiva secondo alcune osservatori.

Che tedeschi e francesi non siano molto concordi nel prendere i nostri migranti è fuor di dubbio per usare un eufemismo e sicuramente le frizioni sono molte, ma noi per primi non ci stiamo di certo aiutando (sarà perchè ci sono le amministrative e bisogna raccattare voti facendo vedere che si fa la voce grossa, sarà per incapacità personale dei ministri, sarà un po' tutto, ma questo è il risultato) visto che per primi violiamo i trattati e gli accordi (com'è per la questione dei permessi di soggiorno temporanei) e di certo l'elemosina a stati che si fanno mali da soli non si fa normalmente (e 30.000 immigrati in 1/2 mesi è cosa normale... se contiamo che in Italia in condizioni normali ne arriva di poco meno lo stesso numero via mare e forse il decuplo via terra e via area, a volte anche con permessi turistici, la Germania di profughi, e quelli lo erano effettivamente, Kosovari ne accolse ben 300.000... non si stracciarono le vesti e non ebbero neanche tutti i problemi, supposti, che facciamo noi), insomma anche per le questioni di cui accennavo sopra (come la direttiva sui rimpatri) gli altri non vorranno aiutarci, ma noi li stiamo ben aiutando a fare orecchie da mercanti.

Occorrono regole ben chiare su quali siano gli ambiti in cui la CE deve intervenire e quali no.
Occorre ovviamente che tutti gli stati membri ripettino senza riserve queste regole, pena grandi penalizzazioni o in alcuni casi addirittura l'espulsione dalla stessa CE.

Ed infatti questo c'è già (per quanto la ripartizione delle competenze andrebbe modificata), il problema è quando uno stato (l'Italia) pretende che su questo fronte siano gli altri a fare quando invece è una materia di propria competenza o al più è regolamentata dall'UE e negli aspetti operativi è lasciata alla singola nazione (come la gestione delle frontiere),tra l'altro ripartizione dei compiti decisa all'epoca dagli stessi governi che pure possono proporre modifiche al trattato se ce ne fosse la volontà...
Sulla politica estera sfondi un portone aperto con me, ma d'altronde sono cose per cui ci vuole tempo in quanto vanno a toccare il concetto stesso di stato nazionale e perciò ci vuole anche un po' di tempo per digerirle certe cose...d'altronde nel caso italiano ancora non si capisce che il ministro degli esteri non serve ad un fico secco per discutere con le altre nazioni UE inerentemente a questioni interne, a dimostrazione anche del gap culturale e amministrativo che bisogna colmare nella classe dirigente italiana (ma su questo temo che anche negli altri paesi europei un bel po' ci sia da lavorare), possibilmente mandandola a casa che tanto le scuole della terza età oramai non esistono più.

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