Riflessioni sulla scuola italiana
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Riflessioni sulla scuola italiana
“L’università ormai è morta” questo mi è capitato di leggere su alcuni volantini appesi dagli studenti nelle bacheche universitarie e agli ingressi delle università.
Si potrebbe dire che la scuola italiana dopo decenni di agonizzanti sospiri è morta.
Dalla somma delle precedenti riforme infatti il sistema scolastico italiano è andato sempre più riempendosi di grandi problematiche riguardanti la burocrazia, i docenti, gli stipendi, le tasse scolastiche, i libri di testo,.................e chi più ne ha più ne metta.
Nel 2008 dopo le elezioni e l’insediamento del nuovo governo Berlusconi, il nuovo Ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, aveva promesso di riformare la scuola in modo tale da renderla una macchina efficiente e al pari delle università europee.
Il sistema scolastico italiano doveva quindi essere ripulito da tutte ciò che rappresentava una spesa onerosa, che danneggiasse il sistema rendendolo dal punto di vista economico poco efficiente.
Per fare ciò si doveva ricorrere a una nuova riforma che sostituisse le vecchie normative vigenti.
Questa nuova riforma, è stata articolata in tre tronconi:
Riforma della scuola elementare e media
Riforma della scuola media superiore
Riforma dell’università
La prima entrata in vigore nel dicembre 2008 ha portato alla riduzione delle cattedre nella scuola elementare riportando la figura del maestro unico, al quale è stato affidato il compito di dare un istruzione di base migliore ai bambini sfruttando il fatto di rappresentare l’unica figura di riferimento per loro.
Infatti in questo modo, oltre a risparmiare denaro pubblico per gli stipendi di altri maestri, si sarebbe semplificato il rapporto maestro-bambino, rendendo più facile il controllo dell’apprendimento e focalizzando il lavoro di un unico docente su una classe, alla quale potesse dedicarsi in modo completo, evitando grosse lacune nell’apprendimento degli scolari (si consideri che al maestro unico si arriverà lentamente dopo tagli e tagli previsti nei prossimi anni).
Questo dal punto di vista logico rappresenta un ottimo sistema se non fosse per il fatto che le nuove generazioni sono diventate con il passare degli anni più vivaci e per un solo docente è difficile controllare delle classi a volte scalmanate e sempre più numerose (causa accorpamenti per risparmiare sugli stipendi).
Per quanto riguarda le scuole medie invece non sono stati attuati grossi cambiamenti, anche se a mio avviso sarebbe stato opportuno rafforzare l’orientamento scolastico verso le scuole superiori, visto che sempre più ragazzi che si iscrivono alle superiori, lo fanno pensando alle amicizie o alla comodità di una promozione più facile e non alle reali possibilità che un percorso di studi può offrire.
Per far ciò sarebbe utile potenziare l’orientamento da parte delle scuole superiori, volto a descrizioni più dettagliate sul piano di studi offerto e alle possibilità concrete che il mondo del lavoro ha da offrire in quel campo.
Per quanto riguarda le scuole superiori, la riforma è entrata in vigore nei primi mesi dell’anno corrente e ha portato la riduzione del corpo docente e una diminuzione dei fondi statali per finanziare le attività curricolari ma specialmente extracurricolari.
Bisogna precisare che a rendere la scuola una “scatola chiusa” ci avevano pensato già le riforme precedenti, ma grazie all’ultima è stato dato un netto taglio ai ponti scuola-lavoro.
Ora come ora si parla di crisi, scarsità di posti di lavoro, difficoltà nel trovare lavoro ma questo rappresenta anche la conseguenza di una scuola che pensa a dare modelli teorici, assai utili, ma privi di significato senza una parte pratica.
Ovviamente questo discorso va rivolto a scuole professionali e ITIS, ma in minima parte anche ai licei, dove sempre più spesso i maturandi si affacciano sul mondo del lavoro con un diploma di maturità scientifica o classica, invece di proseguire gli studi.
La scuola superiore per far conoscere e preparare gli studenti al mondo del lavoro, deve ricreare ponti con le aziende e far toccare con mano agli studenti ciò che il loro piano di studi può offrire loro.
Per far ciò bisognerebbe aumentare la possibilità di stage nelle aziende e le ore di laboratorio, da svolgersi anche nelle aziende, gestite magari da personale che lavora sia nel mondo della scuola che in quello del lavoro.
Come è possibile avere questo tipo di personale?E chi dovrebbe pagarlo?
La risposta è semplice. Infatti il Ministero potrebbe assumere dei docenti ai quali affidare mansioni, anche solo di consulenza, nelle aziende creando così un ponte tra esse.
Questo personale condiviso, che potrebbe essere pagato a metà dalle parti, porterebbe a una possibilità concreta di svolgere attività di laboratorio direttamente nelle aziende (ovviamente si parla di ore pomeridiane) con la possibilità anche per le aziende di avere nuovo personale più qualificato e permetterebbe allo studente di avere una visione reale di ciò che la scuola ha da offrirgli permettendogli anche di applicare tutto ciò che ha imparato sui banchi di scuola.
Quindi come anche per le università il sistema manca di una buona interfaccia con il mondo del lavoro.
L’università italiana in linea teorica e se sfruttata nel modo migliore, rappresenta uno dei modelli di istruzione migliori che ci sono al mondo.
Il punto è che quando si ha un sistema ottimo tra le mani si cerca sempre di sconvolgerlo convinti di migliorarlo, ma alla fine si finisce solo per danneggiarlo.
A parte gli scherzi, l’università aveva bisogno di una riassettata perché verteva in una situazione veramente tragica.
I dipartimenti erano strapieni di ricercatori che tutto facevano fuorché ricerca, i docenti erano incompetenti e non svolgevano le attività a loro affidate, lasciando agli assistenti anche il compito di seguire i corsi.
Questa era una situazione inaccettabile, ma come accade sempre in questi casi le conseguenze vengono pagate anche da colore che svolgono il loro lavoro in modo onesto e efficiente.
Le vere vittime di questa situazione oltre agli studenti che si trovano con meno ore di insegnamento e tasse aumentate fino al 20%, sono anche tutti quei ricercatori che si occupavano dell’attività didattica offrendo un servizio utile agli atenei.
La situazione già tragica è stata ulteriormente peggiorata anche a causa del continuo slittamento della riforma che lascia gli atenei (nei quali l’adeguamento alla nuova riforma in parte è già avvenuto) sospesi in attesa dell’ardua sentenza.
Appena la riforma entrerà in vigore potremmo documentare veramente i suoi effetti catastrofici.
Si potrebbe dire che la scuola italiana dopo decenni di agonizzanti sospiri è morta.
Dalla somma delle precedenti riforme infatti il sistema scolastico italiano è andato sempre più riempendosi di grandi problematiche riguardanti la burocrazia, i docenti, gli stipendi, le tasse scolastiche, i libri di testo,.................e chi più ne ha più ne metta.
Nel 2008 dopo le elezioni e l’insediamento del nuovo governo Berlusconi, il nuovo Ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, aveva promesso di riformare la scuola in modo tale da renderla una macchina efficiente e al pari delle università europee.
Il sistema scolastico italiano doveva quindi essere ripulito da tutte ciò che rappresentava una spesa onerosa, che danneggiasse il sistema rendendolo dal punto di vista economico poco efficiente.
Per fare ciò si doveva ricorrere a una nuova riforma che sostituisse le vecchie normative vigenti.
Questa nuova riforma, è stata articolata in tre tronconi:
Riforma della scuola elementare e media
Riforma della scuola media superiore
Riforma dell’università
La prima entrata in vigore nel dicembre 2008 ha portato alla riduzione delle cattedre nella scuola elementare riportando la figura del maestro unico, al quale è stato affidato il compito di dare un istruzione di base migliore ai bambini sfruttando il fatto di rappresentare l’unica figura di riferimento per loro.
Infatti in questo modo, oltre a risparmiare denaro pubblico per gli stipendi di altri maestri, si sarebbe semplificato il rapporto maestro-bambino, rendendo più facile il controllo dell’apprendimento e focalizzando il lavoro di un unico docente su una classe, alla quale potesse dedicarsi in modo completo, evitando grosse lacune nell’apprendimento degli scolari (si consideri che al maestro unico si arriverà lentamente dopo tagli e tagli previsti nei prossimi anni).
Questo dal punto di vista logico rappresenta un ottimo sistema se non fosse per il fatto che le nuove generazioni sono diventate con il passare degli anni più vivaci e per un solo docente è difficile controllare delle classi a volte scalmanate e sempre più numerose (causa accorpamenti per risparmiare sugli stipendi).
Per quanto riguarda le scuole medie invece non sono stati attuati grossi cambiamenti, anche se a mio avviso sarebbe stato opportuno rafforzare l’orientamento scolastico verso le scuole superiori, visto che sempre più ragazzi che si iscrivono alle superiori, lo fanno pensando alle amicizie o alla comodità di una promozione più facile e non alle reali possibilità che un percorso di studi può offrire.
Per far ciò sarebbe utile potenziare l’orientamento da parte delle scuole superiori, volto a descrizioni più dettagliate sul piano di studi offerto e alle possibilità concrete che il mondo del lavoro ha da offrire in quel campo.
Per quanto riguarda le scuole superiori, la riforma è entrata in vigore nei primi mesi dell’anno corrente e ha portato la riduzione del corpo docente e una diminuzione dei fondi statali per finanziare le attività curricolari ma specialmente extracurricolari.
Bisogna precisare che a rendere la scuola una “scatola chiusa” ci avevano pensato già le riforme precedenti, ma grazie all’ultima è stato dato un netto taglio ai ponti scuola-lavoro.
Ora come ora si parla di crisi, scarsità di posti di lavoro, difficoltà nel trovare lavoro ma questo rappresenta anche la conseguenza di una scuola che pensa a dare modelli teorici, assai utili, ma privi di significato senza una parte pratica.
Ovviamente questo discorso va rivolto a scuole professionali e ITIS, ma in minima parte anche ai licei, dove sempre più spesso i maturandi si affacciano sul mondo del lavoro con un diploma di maturità scientifica o classica, invece di proseguire gli studi.
La scuola superiore per far conoscere e preparare gli studenti al mondo del lavoro, deve ricreare ponti con le aziende e far toccare con mano agli studenti ciò che il loro piano di studi può offrire loro.
Per far ciò bisognerebbe aumentare la possibilità di stage nelle aziende e le ore di laboratorio, da svolgersi anche nelle aziende, gestite magari da personale che lavora sia nel mondo della scuola che in quello del lavoro.
Come è possibile avere questo tipo di personale?E chi dovrebbe pagarlo?
La risposta è semplice. Infatti il Ministero potrebbe assumere dei docenti ai quali affidare mansioni, anche solo di consulenza, nelle aziende creando così un ponte tra esse.
Questo personale condiviso, che potrebbe essere pagato a metà dalle parti, porterebbe a una possibilità concreta di svolgere attività di laboratorio direttamente nelle aziende (ovviamente si parla di ore pomeridiane) con la possibilità anche per le aziende di avere nuovo personale più qualificato e permetterebbe allo studente di avere una visione reale di ciò che la scuola ha da offrirgli permettendogli anche di applicare tutto ciò che ha imparato sui banchi di scuola.
Quindi come anche per le università il sistema manca di una buona interfaccia con il mondo del lavoro.
L’università italiana in linea teorica e se sfruttata nel modo migliore, rappresenta uno dei modelli di istruzione migliori che ci sono al mondo.
Il punto è che quando si ha un sistema ottimo tra le mani si cerca sempre di sconvolgerlo convinti di migliorarlo, ma alla fine si finisce solo per danneggiarlo.
A parte gli scherzi, l’università aveva bisogno di una riassettata perché verteva in una situazione veramente tragica.
I dipartimenti erano strapieni di ricercatori che tutto facevano fuorché ricerca, i docenti erano incompetenti e non svolgevano le attività a loro affidate, lasciando agli assistenti anche il compito di seguire i corsi.
Questa era una situazione inaccettabile, ma come accade sempre in questi casi le conseguenze vengono pagate anche da colore che svolgono il loro lavoro in modo onesto e efficiente.
Le vere vittime di questa situazione oltre agli studenti che si trovano con meno ore di insegnamento e tasse aumentate fino al 20%, sono anche tutti quei ricercatori che si occupavano dell’attività didattica offrendo un servizio utile agli atenei.
La situazione già tragica è stata ulteriormente peggiorata anche a causa del continuo slittamento della riforma che lascia gli atenei (nei quali l’adeguamento alla nuova riforma in parte è già avvenuto) sospesi in attesa dell’ardua sentenza.
Appena la riforma entrerà in vigore potremmo documentare veramente i suoi effetti catastrofici.
Ospite- Ospite
religione cattolica a scuola: ancora?
ciao!
io vorrei inserire al tuo completo resoconto sulla scuola italiana solo qualche mia piccola riflessione, soprattutto per quanto riguarda l'insegnamento in scuole pubbliche della religione cattolica.
premetto che io (per ora, poi non so dove lo studio della filosofia mi porterà) sono CRISTIANA (meno cattolica) praticante, e che quindi non ho assolutamente problemi di tipo personale con l'insegnamento di tale materia a scuola, anche perchè ho un professore bravissimo che è capace di stimolare il dialogo su argomenti attuali senza imporre la propria visione del mondo.
ritengo tuttavia che lasciare in mano a decisioni esterne al governo il designamento di professori di religione e la decisione del programma che dovranno svolgere ogni anno sia controproducente con il contesto italiano attuale.
penso che la materia "religione cattolica" non vada assolutamente eliminata, ma sostituita con quella di "storia delle religioni": tutta un'altra storia! se infatti non si conoscono le basi religiose che hanno influenzato la cultura europea e mondiale, difficilmente gli studenti potranno dire di conoscere bene altre aree di insegnamento, quali storia dell'arte, storia della musica (altra materia che secondo me dovrebbe venire insegnata, almeno nei licei, obbligatoriamente) ma soprattutto storia e storia della lingua italiana. senza un giusto bagaglio di conoscenze non solo riguardo la religione cattolica, ma anche quella greca e romana, ebraica e musulmana, mancheranno quelle visioni globali che rendono lo studente capace di interpretare anche il mondo moderno. la nomina di tali professori di storia delle religioni non ricadrebbe più in mano alla chiesa (per dirla in breve), ma diventerebbe una nomina statale ministeriale, come quella di ogni altro professore, permettendo tra l'altro che tali professori partecipino all'esame di stato (cosa che al momento non gli è permessa, neanche in veste di esaminatori). tutto ciò eliminerebbe anche il problema di professori di religione spesso nullafacenti, che non stimolano gli studenti a misurasi con le religioni al giorno d'oggi tramite un adeguato approccio dialettico (anzi, spesso tali professori pongono lo studente in possesso di dogmi che egli deve accettare per forza, senza motivarne un approfondimento e costringendo così molti ragazzi a non partecipare alle lezioni perchè in contrasto col professore).
Spero di essere stata esaustiva.
io vorrei inserire al tuo completo resoconto sulla scuola italiana solo qualche mia piccola riflessione, soprattutto per quanto riguarda l'insegnamento in scuole pubbliche della religione cattolica.
premetto che io (per ora, poi non so dove lo studio della filosofia mi porterà) sono CRISTIANA (meno cattolica) praticante, e che quindi non ho assolutamente problemi di tipo personale con l'insegnamento di tale materia a scuola, anche perchè ho un professore bravissimo che è capace di stimolare il dialogo su argomenti attuali senza imporre la propria visione del mondo.
ritengo tuttavia che lasciare in mano a decisioni esterne al governo il designamento di professori di religione e la decisione del programma che dovranno svolgere ogni anno sia controproducente con il contesto italiano attuale.
penso che la materia "religione cattolica" non vada assolutamente eliminata, ma sostituita con quella di "storia delle religioni": tutta un'altra storia! se infatti non si conoscono le basi religiose che hanno influenzato la cultura europea e mondiale, difficilmente gli studenti potranno dire di conoscere bene altre aree di insegnamento, quali storia dell'arte, storia della musica (altra materia che secondo me dovrebbe venire insegnata, almeno nei licei, obbligatoriamente) ma soprattutto storia e storia della lingua italiana. senza un giusto bagaglio di conoscenze non solo riguardo la religione cattolica, ma anche quella greca e romana, ebraica e musulmana, mancheranno quelle visioni globali che rendono lo studente capace di interpretare anche il mondo moderno. la nomina di tali professori di storia delle religioni non ricadrebbe più in mano alla chiesa (per dirla in breve), ma diventerebbe una nomina statale ministeriale, come quella di ogni altro professore, permettendo tra l'altro che tali professori partecipino all'esame di stato (cosa che al momento non gli è permessa, neanche in veste di esaminatori). tutto ciò eliminerebbe anche il problema di professori di religione spesso nullafacenti, che non stimolano gli studenti a misurasi con le religioni al giorno d'oggi tramite un adeguato approccio dialettico (anzi, spesso tali professori pongono lo studente in possesso di dogmi che egli deve accettare per forza, senza motivarne un approfondimento e costringendo così molti ragazzi a non partecipare alle lezioni perchè in contrasto col professore).
Spero di essere stata esaustiva.
GiulyBurton- Messaggi : 18
Data d'iscrizione : 31.05.10
Età : 32
Località : Monza
Re: Riflessioni sulla scuola italiana
Giusto hai perfettamente ragione.
Sarebbe utile inserire un insegnamento di "religione" basato su una visione globale di tutte le religioni e della loro influenza sulle culture e sui modi di vivere di chi le pratica.
Ciò servirebbe anche ad aiutare molti a comprendere e "tollerare" i comportamenti di coloro che professano una diversa religione. Quindi darebbe una notevole mano a creare una società più aperta a nuove culture e religioni dove l'integrazione è più possibile.
Per il problema dei professori di religione scelti dalla curia questo per ora è definito dalla legge 186 del 18 luglio 2003 che garantisce alla curia di scegliere il 30% dei docenti che devono essere confermati dai dirigenti scolastici. Il restante 70% viene scelto dall'URL(Ufficio Scolastico Regionale d'intesa con l'Ordinario Diocesano, riguardante i soli docenti che hanno superato il concorso derivante dalla legge 186 del 18 luglio 2003 che rende i docenti di religione inseriti in quelli di ruolo e non più soggetti a incarichi rinnovabili annualmente).
Quindi lo zampino della curia nelle scelte per ora c'è.
Bisognerebbe affidare la totale scelta al ministero e quindi nominare teologi in grado di insegnare e dare una visione più ampia di tutti i credi religiosi correlandoli magari all'influenza sulla storia e a quella che tutt'oggi essi creano sugli stili di vita e sulla cultura dei popoli. Ovviamente insegnanti che abbiano superato un regolare concorso di ruolo.
Il problema deriva dalla difficoltà di escludere la chiesa cattolica da queste decisioni perchè in Italia a differenza di altri stati questa a un'influenza maggiore visto che è parte della nostra storia e cultura e perchè diciamocelo chiaramente.............. lo stato del Vaticano ce l'abbiamo in casa.
Sarebbe utile inserire un insegnamento di "religione" basato su una visione globale di tutte le religioni e della loro influenza sulle culture e sui modi di vivere di chi le pratica.
Ciò servirebbe anche ad aiutare molti a comprendere e "tollerare" i comportamenti di coloro che professano una diversa religione. Quindi darebbe una notevole mano a creare una società più aperta a nuove culture e religioni dove l'integrazione è più possibile.
Per il problema dei professori di religione scelti dalla curia questo per ora è definito dalla legge 186 del 18 luglio 2003 che garantisce alla curia di scegliere il 30% dei docenti che devono essere confermati dai dirigenti scolastici. Il restante 70% viene scelto dall'URL(Ufficio Scolastico Regionale d'intesa con l'Ordinario Diocesano, riguardante i soli docenti che hanno superato il concorso derivante dalla legge 186 del 18 luglio 2003 che rende i docenti di religione inseriti in quelli di ruolo e non più soggetti a incarichi rinnovabili annualmente).
Quindi lo zampino della curia nelle scelte per ora c'è.
Bisognerebbe affidare la totale scelta al ministero e quindi nominare teologi in grado di insegnare e dare una visione più ampia di tutti i credi religiosi correlandoli magari all'influenza sulla storia e a quella che tutt'oggi essi creano sugli stili di vita e sulla cultura dei popoli. Ovviamente insegnanti che abbiano superato un regolare concorso di ruolo.
Il problema deriva dalla difficoltà di escludere la chiesa cattolica da queste decisioni perchè in Italia a differenza di altri stati questa a un'influenza maggiore visto che è parte della nostra storia e cultura e perchè diciamocelo chiaramente.............. lo stato del Vaticano ce l'abbiamo in casa.
Ospite- Ospite
;)
Eheheh, hai centrato il problema. D'altronde ci sarà un motivo se in altre parti del mondo si meravigliano che l'Italia tolleri ancora negli anni 2000 questo tipo di inutili intrusioni da parte della chiesa nella vita dello stato.
Ma se noi vogliamo cambiare le cose radicalmente...un pensierino su questa proposta di revisione la terrei buona!!
Ma se noi vogliamo cambiare le cose radicalmente...un pensierino su questa proposta di revisione la terrei buona!!
GiulyBurton- Messaggi : 18
Data d'iscrizione : 31.05.10
Età : 32
Località : Monza
Re: Riflessioni sulla scuola italiana
Domani Giovedì 09 Dicembre alle 21:30 su Skype nell'ordine del giorno è prevista la discussione iniziale della bozza Programma NDE Istruzione. Gli interessati sono tutti invitati.
http://www.nuovademocraziaeuropea.eu/ndeskype.htm
http://www.nuovademocraziaeuropea.eu/ndeskype.htm
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