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Banche, islanda, signoraggio: discussioni varie.

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Messaggio Da Ocram Dom Ott 31, 2010 1:52 pm

Ospite ha scritto:[...]Bisogna chiudere la Banca d'Italia. Il grosso del debito di qualsiasi Paese deriva dalla produzione monetaria. Se la moneta che viene fatta circolare viene prodotta NON A PRESTITO, come, invece, è oggi, non ci sarà un debito sempre maggiore per coprire gli interessi sulla produzione di moneta. [...]
Hai centrato il vero problema. Bankitalia S.p.A.

"E' un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del sistema bancario e monetario, perché se ciò accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina." Henry Ford

http://video.google.it/videoplay?docid=6561068664203649137&ei=R8JFSqjqJZ3u2wKhpJXfBg&q=genius+seculi&hl=it#

Ocram

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Messaggio Da Ocram Sab Lug 30, 2011 4:05 pm

Ecco come hanno risolto in Islanda il problema del debito pubblico impazzito:
http://www.senzasoste.it/le-nostre-traduzioni/islanda-una-rivoluzione-nel-cuore-delleuropa
http://www.vocidallastrada.com/2011/07/nessuna-notizia-dallislanda.html

Ed ecco come risolverebbe Paul Ron il problema del debito pubblico americano:

Link: https://www.youtube.com/watch?v=-raar7Jy-as

E da qui possiamo capire che il loro problema è molto simile al nostro.

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Messaggio Da Ocram Mar Ago 09, 2011 9:24 pm


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Messaggio Da Ospite Mar Ago 09, 2011 10:47 pm

cavolate senza un fondo di scientificità perdonami la durezza.

La moneta (almeno oggigiorno nel nostro continente) non crea debito.

La moneta viene messa in circolazione in genere acquistando titoli di stato (nel caso della BCE si tratta del non più del 40%, vengono acquistati con un certo sconto) o altri corrispettivi di beni e servizi non monetarizzati (acquistati sempre con un certo sconto).
Ciò aumenta la massa monetaria in circolazione per un certo tempo, ma non annulla i debiti.
Questi vengono ripagati quindi a loro volta ritirando moneta.
Le banche centrali (nel nostro caso la BCE) quindi ritirano gli eventuali utili, utili che non sono altro che la differenza tra il valore del titolo o di altro corrispettivo di bene e servizi e quanto effettivamente è stato pagato. e gli stati tramite il diritto di signoraggio (che altro non sarebbe che la tassa sulla zecca) riscuotono tali utili (poi da stato a stato varia modo e quantità).
quindi se BC produce 95 monete le darà in cambio di 100 di titoli, bene o servizi, ciò può accadere molto semplicemente perchè si preferisce avere moneta liquida che può essere quindi facilmente spesa. Acquistare x ore di lavoro con x quantità di pane può non essere comodo quindi si sostituisce x pane con un valore di (x pane)-1 moneta, si ha una leggera perdita però compensata dalla comodità di utilizzo del bene moneta, dal fatto che questo è garantito (corso forzoso o meglio ancora fiducia dei soggetti, quest'ultima determina in particolare se una valuta è appetibile o meno ed è legata ovviamente all'andamento di un'economia del paese in quanto la moneta circolante a questo punto rappresenterebbe nel suo insieme il valore di beni e servizi di un paese, ma non solo, anche fattori più indeterminati come la stabilità politica e la fiducia dei consumatori nello stesso paese).

Quindi si stampa moneta solo se c'è un qualche corrispettivo misurabile in altri termini.

SE così non fosse si creerebbe moneta a gratis (tipicamente ciò avviene in maniera massica nei paesi del terzo mondo) generando iperinflazione: infatti l'inflazione può essere dovuta ad un aumento della moneta circolante come già spiegato qui http://www.forum.nuovademocraziaeuropea.it/t802-sovranita-monetaria-e-democrazia#5703

Ciò può arrivare ovviamente a fenomeni di iperinflazione (es: zimbawe di oggi, Germania anni '20) con la continua perdita di potere d'acquisto del singolo (che vede bruciati i suoi risparmi, quello che oggi costa x domani costa x+1, ma non è detto che il lavoratore riceva giornalmente il salario, ne tantomeno che questo venga sempre aumentato di +1) generando gravissimi squilibri sociali politici ed economici. Teoricamente in un sistema perfetto di squilibri non ce ne sarebbero se gli agenti economici non tenessero riserve monetarie e appena guadagnassero spendessero, si registrebbe solo un continuo lievitare dei prezzi, ma ovviamente il mondo reale funziona in altra maniera.

La moneta anche in questo caso però non genera debito, semmai stampata senza avere dei corrispettivi che rappresentino una qualche grandezza.

Al contrario può accadere che la banca centrale sotto controllo politico stampi moneta per finanziare debito e allora in quel caso sì che si può dire Moneta=debito, ma è un caso oggigiorno oramai scomparso dalle istituzioni occidentali: per fare un esempio siamo nel caso della Banca d'Italia che fino agli anni '70/'80 era obbligata dallo stato italiano a comprare i suo titoli di stato (e non per altro parliamo di anni con inflazione a due cifre, anche se questo ovviamente non era l'unico fattore inflattivo è comunque sicuramente rilevante, tanto più se consideriamo che quegli anni sono stati gli anni del bum del debito pubblico). Questi titoli potevano anche essere carta straccia, ma la Banca Centrale veniva costretta a comprarli, stampando moneta o attingendo alle proprie riserve, in automatico (cosa che oggigiorno non è più così, cosa che in uno spezzone del video che ho visto non viene chiarito e anzi viene fatto sembrare il contrario) e qui stava il vero problema.
è come se si fosse obbligati a comprare uno stabile fatisciente al prezzo di uno nuovo e funzionale, ricordiamo in particolare del fattore del Tasso di Sconto prima accennato (la differenza di 5 tra valore del pane e della moneta offerta). Con questo sistema lo Stato (i politici) italiani avevano la sicurezza di poter finanziare il debito pubblico in maniera pressochè illimitata, a condizioni ottimali e sicure in quanto anche se i titoli poi erano da ripagare bastava emettere altri titoli che la BC veniva costretta ad acquistare. C'erano ovviamente dei grossi risvolti della medaglia: da spese statali incontrollate alla già citata inflazione ad un sistema realmente costrittivo e che tendeva (e purtroppo lo paghiamo ancora oggi) ad autoalimentarsi in quanto era come se... mangiasse sè stesso e per questo non era mai sazio in quanto man mano che mangiava in realtà distruggeva sè stesso, un circolo vizioso quasi senza fine. Per fortuna tale sistema decadde anche a seguito dell'entrata dell'Italia in tutto quel sistema che poi portà alla moneta unica.
La BCE infatti ora non può stampare moneta quando gli pare e piace, ma è costretta a farlo nei limiti imposti dai Trattati (comunque scritti da politici, ma che quindi bloccano la loro influenza su queste decisioni a questo punto molto 'aulico' in quanto tra l'altro la BCE è soggetta ad 'obiettivi' per esempio di contenimento inflazionistico).

Anche nel caso odierno che la BCE comprasse titoli italiani tra l'altro questo avverà non con la stampa di nuova moneta (se non per una frazione del totale), ma facendo il ricorso alle riserve di cui ho spiegato sopra come le BC fanno a procurarsi, che in minima parte (20% e anche meno, ma parliamo comunque di cifre gigantesce per carità, l'altro 80% va come già detto alle banche centrali nazionali e quindi ai singoli Stati come già detto per quella che si può chiamare altresì la 'tassa sulla zecca') rimangono comunque alla BC a far 'cassa' e per pagare il suo operato, i costi di stampa, gli stipendi dei funzionari, ecc... , ma comunque, anche avvenisse ciò tramite il 100% di stampa, questo non si avvicina al caso della Banca d'Italia in quanto la BCE mantiene la sua autonomia e sceglie in autonomia che titoli comprare infatti tali titoli verranno per la maggior parte comprati sul mercato secondario (acquisto e vendita di titoli già emessi, da non confondersi con l'acquisto di titoli alle aste, tra le due cose non sembra ma ci passa una differenza abissale).

----

PS: ho spostato l'altro tuo post, evita di aprire più discussioni sullo stesso argomento

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Messaggio Da Ocram Mar Ago 09, 2011 10:56 pm

Umberto Banchieri ha scritto:cavolate senza un fondo di scientificità perdonami la durezza.[...]
Grande! Questa si che è un'enorme espressione di dialogo democratico.
Rolling Eyes
Umberto Banchieri ha scritto:[...]in uno spezzone del video che ho visto[...]
Ed io che perdo tempo a leggere ed a rispondere ad uno che valuta uno spezzone senza neanche avere una visione dell'insieme Suspect

Ocram

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Messaggio Da Marcello.DeVita Mer Ago 10, 2011 5:21 am

"in uno spezzone del video che ho visto", veramente Umberto si riferiva al fatto che ha visto tutto il video e si è soffermato su un pezzo di esso...(credo inoltre che li abbia già visti altre volte, questi video anch io li ho visti tante e tante volte nella rete)

nell'altra espressione in perdonami la durezza..sta appunto esprimendo il suo pensiero chiarendo "cavolate senza un fondo di scientificità" lo ha scritto perchè è quello che ha pensato di primo impatto ma dopo mette in chiaro perché lo ha scritto.

invece dal tuo post ti attacchi semplicemente a delle parole prese a caso dal suo discorso che è invece chiaro e molto democratico
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Messaggio Da Ospite Mer Ago 10, 2011 9:48 am

I video in questione in effetti li ho già visti tutti diverse volte (in tempi passati quando ero giovane e ingenuo -non tantissimo tempo fa- per un certo tempo credevo anch'io a queste storie), mi sono soffermato in particolare su quel particolare in quanto è molto importante ed è quello che mi è riapparso immediatamente rivedendo per l'ennesima volta uno di quei video (il secondo).

Ricordo che per i vari Trattati europei infatti ora c'è il divieto da parte delle Banche Centrali di comprare titoli del proprio paese o di paesi membri dell'area Euro sul mercato primario, ho citato quel dettaglio in quanto errore marchiano (e non si tratta neanche di cosa così recente, tale regola nacque ben prima della diffusione in massa di Youtube o della produzione di zeitgeist).

Comunque ribadiso se sono stato duro all'inizio me ne scuso, ma quando sono duro solitamente approfondisco non mi limito ad essere duro e basta senza dare spiegazione: come credo ben di aver fatto tra l'altro, e badare che spiegare il signoraggio (quello vero) non è affatto facile, anche molti economisti alle prime armi hanno i loro problemi a spiegarlo in maniera perfetta ed in particolare comprensibile a tutti, figurarsi me. In questo caso almeno in termini generali credo di averlo fatto benino, almeno da meritarmi contro-risposte nel merito se proprio si vuole discutere.

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Messaggio Da Ospite Dom Set 04, 2011 3:08 pm

Forse sono solo io a non saperlo ma la rivoluzione islandese è stata un fenomeno molto interessante e degno di attenzione. A capeggiarla, soprattutto donne, tra cui Brigitta Jonsdlolttir (qui c'è un video di intervista con la bbc dove Brigitta, fa intelligentemente presente che, come i banchieri non distribuiscono sulla società i loro profitti non vede perchè debbano però distribuire i loro debiti...https://www.youtube.com/watch?v=1in4hRxOfPs&feature=share).

Purtroppo c'è stato il solito silenzio stampa... vi riporto l'articolo del giornalista della Repubblica che ha raccontato dettagliatamente cosa è successo:

"Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.

L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.

Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a sud dell'immensa Groenlandia.

15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.


La Landsbanki fu la prima banca a crollare e ad essere nazionalizzata in seguito al tracollo del conto IceSave
Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.

Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.

A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.

Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.


I cittadini islandesi non erano disposti ad accettare le misure imposte per il pagamento del debito.
Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.

Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.

Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.

La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.


I Cittadini islandesi hanno votato per eleggere i membri del Consiglio costituente
A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.

In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're').

Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.

Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".


L'Islanda ha riaffermato il principio per cui la volontà del popolo sovrano deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale
Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.

Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?"[/u]

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Messaggio Da Marcello.DeVita Dom Set 04, 2011 4:01 pm

Bentornata Monia Smile ti consiglio di leggere questo articolo per quanto riguarda il "miracolo" islandese http://www.nuovademocraziaeuropea.it/effemeride/favole-di-internet-lislanda

Per quanto riguarda Roma io dal 15 settembre torno in quel di Roma ti consiglio di leggere il mio post al riguardo:

http://forum.nuovademocraziaeuropea.it/t1040-roma-capitale-d-italia-ma-di-quale-italia

Io, Valerio e Gennaro ci siamo dati appuntamento verso la fine di settembre ci sara' un nostro primo incontro a Roma ma non semplicemente per parlare ma ci incontreremo direttamente presso l'università Roma3 per iniziare la distribuzione di volantini e l'affissione di manifesti e subito dopo ci sarà una riunione tra noi.

Ah confermi la tua presenza alla 3' assemblea nazionale nde a Roma il 16 ottobre?

http://forum.nuovademocraziaeuropea.it/t879-terza-assemblea-nazionale-soci-il-16-ottobre
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Messaggio Da Ospite Dom Set 04, 2011 4:13 pm

sposto il topic nella sezione adatta e lo fondo con uno su cui l'argomento era già stato toccato.

PS: spero fortemente che su Repubblica abbiano pubblicato per sbaglio un articolo del genere.. Contiene tante di quelli imprecisioni e non detti da far impallidire.
Leggendo esce un dipinto della situazione ben diverso da quello reale.

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Messaggio Da Ospite Mar Set 06, 2011 11:26 am

Già molto meglio questo articolo sulla Stampa che seppur breve sintetizza bene alcuni passaggi:

http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=67075611

Titolo un po' ad effetto (in realtà non si può dire che sia un processo vero e proprio per ora, siamo ancora nella fase delle indagini preliminari se non della valutazione dell'iscrizione della notizia di reato comparando il caso con il procedimento penale italiano), ma articolo sostanzialmente corretto nei contenuti.

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